In Italia, circa l’80% dei cittadini hanno un conto corrente. Non è raro che soprattutto i coniugi, per questioni di praticità, preferiscano averne uno cointestato.
La scelta di avere un solo conto corrente, però ha dei limiti. I più attenti, sapranno che nell’eventualità vi siano più di 5 mila euro in deposito, è previsto il pagamento di una tassa di circa trentaquattro euro.
Esistono due tipi di conto cointestato, a firma congiunta e disgiunta. Nel primo caso, per svolgere le operazioni, come per esempio, di prelievo, bonifici ed emissione di assegni, è richiesta la firma di entrambi. È una formula opportuna, nel caso i co-titolari abbiano affari in comune. Ma nel caso di decesso o di divorzio, la banca interverrà con il congelamento del conto, fin quando non verranno concluse le pratiche sulla successione.
Nel secondo caso, nella disgiunta, ogni co-titolare del conto può liberamente effettuare qualunque tipo di operazione, senza che siano presenti gli altri co-titolari. Nel caso di decesso di uno dei cointestatari, verrà congelato solo il 50% dei soldi in deposito.
Per quanto riguarda le spese fiscali detraibili, nel caso si richiedano determinati bonus, avere un conto cointestato può essere rischioso. Nei giorni scorsi, è stata emanata una sentenza che ha fatto molto discutere. La sentenza in questione è la n. 104 del 2021, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, ha stabilito che, nel caso di richiesta di detrazioni fiscali, se i pagamenti sono stati effettuati tramite un conto corrente cointestato, verrà recuperato solo il 50% della detrazione Irpef.
Una sentenza simile ha creato senza dubbio un precedente pericoloso, in quanto, se avere un conto cointestato impone a dichiarare solo il 50% nel 730, i contribuenti saranno obbligati o ad aprire un secondo conto corrente o ad accettare solo la metà delle detrazioni previste.
22/04/2021
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