La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza confermativa in merito alla legittimità dei licenziamenti collettivi previsti dal Jobs Act, respingendo le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d'appello di Napoli. La Consulta ha dichiarato non fondate le obiezioni riguardanti gli articoli 3 e 10 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n.23, che ha introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in attuazione del cosiddetto Jobs Act.
La sentenza ha sottolineato che il riferimento ai "licenziamenti economici" contenuti nella legge delega n.183 del 2014 riguarda tanto i licenziamenti individuali, per giustificato motivo oggettivo, quanto quelli collettivi. La decisione della Consulta è stata motivata dalla considerazione dei lavori parlamentari e della finalità complessiva del Jobs Act.
L'origine della pronuncia risale alla questione di legittimità sollevata dalla Corte d'appello di Napoli, che aveva censurato la disciplina dei licenziamenti collettivi per le conseguenze della violazione dei criteri di scelta dei lavoratori in esubero. La Consulta ha confermato la previsione di un'indennità compensativa per il lavoratore, ma ha escluso la tutela reintegratoria nel posto di lavoro, in coerenza con l'ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La legge delega aveva già escluso la possibilità di reintegrazione per i "licenziamenti economici" di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti a partire dal 7 marzo 2015, sostituendola con un indennizzo economico. La Consulta ha respinto l'opinione della Corte d'appello di Napoli riguardo alla presunta violazione dei criteri direttivi della legge delega, sostenendo che il riferimento temporale alla data di assunzione giustifica la differenziazione tra i lavoratori "anziani" e "giovani".
La Corte Costituzionale ha considerato legittima la distinzione tra lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015, sostenendo che la nuova disciplina dei licenziamenti è finalizzata ad incentivare l'occupazione e superare il precariato, applicandosi solo ai "giovani" lavoratori. La tutela indennitaria è stata giudicata adeguata dalla Consulta.
Attualmente, al lavoratore illegittimamente licenziato durante una procedura di riduzione del personale, spetta un'indennità determinata in base all'ultima retribuzione di riferimento, secondo i criteri stabiliti dalla Corte nella sentenza n.194 del 2018, con un importo non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.
La Corte ha inoltre segnalato al legislatore la necessità di una revisione complessiva della materia, considerando gli interventi normativi stratificati e la funzione dissuasiva dei rimedi previsti per le diverse fattispecie di licenziamento.
26/01/2024
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