La scelta di un codice ATECO piuttosto che un altro continua ad essere fonte di danni per le imprese in virtù delle mosse del Governo in termini di ristori e sostegni.
“Il codice ATECO è del tutto inadeguato - spiega Confesercenti in una nota - a fornire una fotografia affidabile della realtà delle imprese. Utilizzarlo vuol dire lasciare migliaia di imprese nell’incertezza normativa, visto che possono avere un codice di attività ‘prevalente’ che non corrisponde alla totalità dei servizi offerti".
L'intrigo, insomma, è tutto una questione di numeri, come si evince dal documento: "Oggi, un imprenditore che abbia un bar-pasticceria con codice ATECO 56.3 – quello dei bar – deve chiudere alle 18.00. Ma i suoi colleghi con un’attività di pasticceria (codice 56.1) che offrono anche un servizio bar come attività non prevalente potranno continuare a vendere fino alle 22.00, anche gli alcolici. Stessa condanna per le imprese che vendono bottiglie di vino: enoteche e bottiglierie (codice 47.25) sono costrette a chiudere, ma minimarket e supermercati, dove è certamente possibile comprare gli stessi prodotti, rimangono aperti”.
La decisione di legare i ristori ai codici attività ha di fatto “escluso troppe imprese, dagli agenti di commercio specializzati in ristorazione ai fornitori, per non parlare di quelle tabaccherie ed edicole che svolgono attività secondaria di somministrazione, completamente ignorate dai vari DL perché, in teoria, escluse dalle restrizioni".
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