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IL TESSUTO INDUSTRIALE POST-COVID

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Giampietro Castano afferma “Il mio ruolo era prettamente tecnico” prima di questa lunga esperienza, gli inizi della carriera all’Enel, all’ufficio studi servizio costruzioni termiche; 23 anni al vertice della Fiom, prima regionale e poi nazionale; e infine direttore del personale prima di Olivetti Lexicon e poi di Engineering Ing Informatica.

Le parole di Castano hanno un orizzonte e un riferimento precisi. L’orizzonte è quello del tessuto industriale post-Covid-19. La pandemia ha aggravato la posizione finanziaria di tante imprese. Sono 81mila, secondo il Cerved Goup Score, quelle ad alto rischio di fallimento. E al Mise temono che, una volta terminato il divieto di licenziamento, il numero delle vertenze potrebbe aumentare vertiginosamente. Il riferimento è ad un discorso che il premier ha tenuto al Senato il 17 febbraio scorso, all’atto di chiedere la fiducia.

Sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi. Parole che riflettono quanto già espresso da Draghi a dicembre al Gruppo dei Trenta, un’organizzazione internazionale di finanzieri e di accademici. In quest’ultima occasione si è acceso un dibattito che ha avuto ampi riflessi in Italia: quello sulle aziende zombie, quelle che, ormai improduttive, si mantengono in vita solo grazie all’intervento dello Stati. Il rischio, secondo Draghi, è quello di creare, con gli interventi governativi post-Covid, masse di imprese di questo tipo, mantenendo in piedi un’inefficiente allocazione delle risorse; occorre un approccio strategico.

 

30/03/2021

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