Il costo dell'energia in Italia continua a essere il più alto d'Europa, mettendo a rischio la competitività delle imprese e frenando gli investimenti nell'innovazione necessaria alla transizione energetica. Questo l'allarme lanciato da Confindustria attraverso le parole di Aurelio Regina, delegato per l’energia, durante un’audizione alla Camera davanti alle commissioni riunite Bilancio e Ambiente.
Secondo Regina, il peso dei prezzi energetici sull'industria italiana è insostenibile, soprattutto in un momento in cui il sistema produttivo sta cercando di consolidare la ripresa post-pandemica. "Le imprese italiane non riescono a sostenere l’attuale gap di competitività – ha dichiarato – ed è urgente implementare strumenti adeguati per garantire la continuità operativa degli impianti industriali".
Un freno agli investimenti e alla transizione energetica
La situazione, secondo Confindustria, non si limita a minacciare la tenuta delle imprese nel breve termine, ma ha effetti a lungo termine sullo sviluppo industriale. L’aumento dei costi energetici sta infatti rallentando gli investimenti in innovazione di processo, fondamentali per accelerare la transizione energetica. Senza questi investimenti, l’obiettivo di rendere più sostenibile l’industria italiana rischia di rimanere fuori portata.
Italia, il mercato elettrico più caro d’Europa
L’Italia si conferma il Paese con il mercato elettrico più costoso a livello europeo, una condizione che penalizza le aziende italiane rispetto ai competitor internazionali. Per mantenere la competitività del tessuto industriale nazionale, Confindustria chiede interventi mirati e immediati. Tra le misure auspicate, un contenimento dei costi energetici attraverso incentivi strutturali e politiche che favoriscano l’accesso a fonti rinnovabili più convenienti.
Il grido d’allarme lanciato da Confindustria non può passare inosservato. La questione energetica è centrale non solo per la tenuta economica delle imprese italiane, ma per l’intera competitività del Paese in Europa e nel mondo. Servono azioni decise da parte del governo per affrontare un problema che rischia di compromettere la ripresa industriale e la crescita futura.
20/01/2025
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